In cosa consiste il reato di autoriciclaggio? Tra diamanti e profitti illeciti
A luglio di quest’anno Maurizio Sacchi, titolare della società Diamond Private Investment, è stato arrestato dalla Guardia di finanza di Milano a seguito dell’indagine “Crazy Diamond”. L’accusa è di essere stato il principale responsabile di quella che passerà alla storia come la “truffa dei diamanti”, scoperta dalla redazione di Le Iene e che ha visto tra le vittime anche Vasco Rossi.
Attraverso la collaborazione di alcuni funzionari di banca, Sacchi avrebbe venduto a prezzi maggiorati rispetto al loro valore di mercato diamanti per il valore di milioni e milioni di euro.Una volta incassato, avrebbe reimpiegato questo profitto illecito nell’acquisto di altri diamanti che gli permettessero di continuare a perpetrare la truffa.
A seguito delle indagini, la Corte Suprema ha condannato Sacchi per un reato specifico, che si intreccia con il mondo del riciclaggio ma assume connotazioni ben precise. In una sola parola: il reato di autoriciclaggio.
Differenze tra autoriciclaggio e riciclaggio
Se nel riciclaggio il soggetto che viene punito è colui che non ha commesso e non ha neanche partecipato al reato (dunque non è punibile per concorso ma per un altro reato, ovvero se impiega i frutti provenienti da esso e li investe), nell'autoriciclaggio, al contrario, è lo stesso soggetto a occuparsi sia della commissione del reato che, se ne ha le competenze, a provvedere all'impiego dei suoi proventi.
Pensiamo a una banda che organizza e porta a termine una rapina e affida il denaro rubato a un soggetto terzo che, in accordo, lo investe in attività commerciali, compra beni, investe in titoli, o azioni (dunque lo reimpiega o la nasconde sotto altri beni per ostacolarne l'identificazione da parte della polizia giudiziaria). In questo caso si dovrebbe parlare di reato di riciclaggio. Nel caso, invece, in cui fosse la stessa banda a reimpiegare il denaro ottenuto dall’illecito, magari per finanziare il colpo successivo, in quel caso si dovrebbe parlare di autoriciclaggio.
Il reato di autoriciclaggio
Introdotto dall'art. 3, 3° comma della legge 186/2014 ed entrato in vigore a partire dal 1 gennaio 2015, il reato di autoriciclaggio punisce espressamente i promotori dei reati di truffa, corruzione ed evasione fiscale i cui atteggiamenti impediscono l'identificazione della derivazione delittuosa delle somme di denaro.
Il reato di autoriciclaggio colpisce la condotta di colui che sostituisce o trasferisce un bene, il denaro o altre utilità provenienti da delitto non colposo.
In poche parole: se un soggetto ha dei beni ottenuti da un reato doloso, cioè commesso volontariamente dallo stesso in maniera del tutto cosciente (ad esempio una rapina o una usura) e vuole utilizzare questi beni in altro modo oppure ostacolarne la provenienza delittuosa, in quel caso sta commettendo un reato di autoriciclaggio.
Il reato di autoriciclaggio, quindi, si definisce:
Plurioffensivo: la norma tutela non solo il patrimonio, ma anche l'ordine pubblico, l'ordine economico e finanziario;
Proprio: può essere commesso solo dall'artefice del reato presupposto;
Con condotta finalizzata: ovvero adatto a impedire l'individuazione dell'esordio delittuoso all'interno dell'economia regolamentare (capita spesso, infatti, che le disponibilità ricavate tramite il delitto premesso siano investite in lavori economici onesti).
L'articolo 648 ter n.1 c.p. sancisce che il reato di autoriciclaggio deve essere punito con la reclusione e con una sanzione che va dai € 5.000 ai € 25.000.
Consumazione del reato [Autoriciclaggio]
L'autoriciclaggio è un reato a consumazione subitanea, anche se le condotte che caratterizzano il delitto sono messe in atto con azioni multiple e dislocate nel tempo. Per emettere una condanna, chiaramente, è importante distinguere i diversi momenti della consumazione del reato, se questo è adempiuto con più condotte. Rilevare con sicurezza il momento della consumazione è fondamentale anche per il calcolo della prescrizione: il reato si estingue maturato il tempo coincidente con il massimo della pena formulata stabilita dalla legge.
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