top of page
  • Nimble

Antiriciclaggio: le istruzioni per una corretta autovalutazione del rischio

Aggiornamento: 1 apr 2021

Tutti i passaggi per una corretta autovalutazione del rischio: come calcolare il rischio inerente, la vulnerabilità organizzativa e il rischio residuo



Tra le novità più importanti in materia di antiriciclaggio, un ruolo di spicco spetta senza dubbio all’introduzione della cosiddetta autovalutazione del rischio di Studio.



Introduzione al concetto di autovalutazione del rischio


In breve, l’autovalutazione del rischio non è altro che il calcolo matematico della probabilità che lo Studio (trattasi solitamente di commercialisti e intermediari finanziari) sia coinvolto in operazioni di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.


In capo al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 che recepisce a sua volta la direttiva europea 2005/60/CE, ogni categoria professionale è obbligata per legge a venire incontro ad alcuni criteri per la prevenzione e il contrasto dell’antiriciclaggio. In particolare, gli artt. 15 e 16 del d.lgs. 231/2007, come modificato dal d.lgs. 90/2017 e confermato dalle Regole Tecniche emanate dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e di Esperti Contabili (CNDCEC), prevedono che tutti i soggetti obbligati adottino delle procedure oggettive per la valutazione del rischio di riciclaggio.


Si tratta di normative specifiche, proporzionate al tipo di cliente e rapporto, di prestazione professionale e a diversi altri fattori che tengono conto dei dati e delle informazioni acquisite nell’esercizio della propria attività professionale.



L’autovalutazione del rischio: tutti i passaggi [Antiriciclaggio]


L’autovalutazione del rischio per i commercialisti, come per tutte le altre categorie professionali, è obbligatoria, non delegabile e deve essere aggiornata ogni 3 anni (o secondo gli aggiornamenti esistenti). In merito alle attività prestate, è necessario suddividere le diverse prestazioni professionali dello Studio per categorie in modo obiettivo e astratto in relazione alla gravità del rischio, che può essere non significativo, poco significativo, abbastanza significativo o molto significativo.


Il processo di autovalutazione del rischio si compone dei seguenti passaggi:

  • analisi della clientela al fine di individuare il rischio inerente;

  • analisi della struttura organizzativa e delle procedure (analisi delle vulnerabilità organizzative);

  • determinazione del rischio residuo;

  • programmazione temporale delle attività da svolgere al fine di eventualmente migliorare “un rischio residuo” che si ritiene inaccettabile.

Step 1: come calcolare il rischio inerente [Autovalutazione del rischio]


Il valore del rischio inerente per lo Studio può essere gestito e diminuito selezionandolo tramite un indicatore d’intensità i cui livelli sono compresi tra 1 e 4. Per calcolarlo, bisogna prendere in considerazione dei fattori chiave. L’operazione è matematica: dopo aver attribuito dei punteggi numerici a ciascuno di questi fattori chiave, si procede con la media aritmetica e si stabilisce il valore del pericolo cui si va incontro. Tra i principali fattori chiave, si segnalano:

  • Genere di clienti

  • Zona geografica di esecutività

  • Canali di distribuzione

  • Prestazioni professionali offerte

Step 2: come calcolare la vulnerabilità organizzativa [Autovalutazione del rischio]


Per ciò che riguarda la vulnerabilità organizzativa dello Studio, determinabile sempre grazie alla media aritmetica dei valori attributi ad ogni fattore chiave, occorre prendere in considerazione i seguenti elementi:

  • Formazione del personale in materia di anti-riciclaggio e di anti-terrorismo;

  • Coordinazione degli adempimenti per controllare adeguatamente i clienti;

  • Preparazione degli adempimenti per conservare in maniera ottimale i documenti, le informazioni e i dati;

  • Coordinamento per segnalare le operazioni sospette e comunicare le violazioni alla normativa sull’utilizzo del contante.

Step 3: come calcolare il rischio residuo [Autovalutazione del rischio]


Una volta ottenuti, il rischio residuo deve essere calcolato sfruttando una matrice che valuta i valori di rischio inerente e i valori di vulnerabilità e si fonda sulla ponderazione del 40% per il rischio inerente e del 60% per la vulnerabilità. In particolare, il valore di rischio residuo viene identificato su di una scala costituita dai livelli elencati qui di seguito:

  • Non significativo (valore fra 1 e 1,5)

  • Poco significativo (valore fra 1,6 e 2,5)

  • Abbastanza significativo (valore fra 2,6 e 3,5)

  • Molto significativo (valore fra 3,6 e 4)

Nel momento in cui il professionista determina il livello di rischio residuo deve gestirlo e moderarlo in dipendenza di caratteristiche aziendali quali:

  • Dimensioni strutturali

  • Numero di persone che lavorano nello Studio, ossia i Commercialisti, i tirocinanti, i collaboratori, ecc.

  • Numero di filiali



I punti a cui adempiere sono tanti, non sempre di facile comprensione. Allo stesso tempo, però, i rischi per chi non si adegua alle linee guida della normativa antiriciclaggio sono altissimi, così come le sanzioni. Per questo è cosa buona e giusta affidarsi ai consulenti esperti. Attraverso la presenza costante e il monitoraggio delle attività, il professionista ha la tranquillità che tutti i punti della normativa siano presidiati e che la conformità sia mantenuta nel corso del tempo.



bottom of page